Anche piccoli aumenti della glicemia possono condizionare le cellule beta del pancreas

Nelle prime fasi del diabete, le cellule beta pancreatiche sembrerebbero smettere di funzionare in risposta a innalzamenti anche lievi dei livelli ematici di glucosio. 

Nelle prime fasi del diabete, le cellule beta pancreatiche sembrerebbero smettere di funzionare in risposta a innalzamenti anche lievi dei livelli ematici di glucosio. Questo processo determina cambiamenti fenotipici che ne influenzano negativamente la funzione, la crescita e la vulnerabilità e compromettendo la capacità dell’organismo di tenere sotto controllo la glicemia. Sono i risultati di una sperimentazione del Joslin Diabetes Center pubblicata di recente sulla rivista Molecular Metabolism.

Variazioni apparentemente piccole nell’espressione genica all’interno delle cellule beta, magari relative a un enzima o un sistema di trasporto, possono provocare importanti effetti biologici. Questo nuovo studio fornisce importanti evidenze relative alla tossicità del glucosio, che contribuisce a guidare sviluppo del diabete di tipo 1 e di tipo 2. «Concentrazioni ematiche di glucosio anche solo leggermente più elevate del normale sono sufficienti a confondere le cellule» ha affermato l’autore senior dello studio Gordon Weir, del Joslin Diabetes Center.

Studiando le cellule beta nei ratti di laboratorio i cui livelli di glucosio nel sangue erano lievemente elevati, i ricercatori hanno riscontrato dei cambiamenti nell’espressione genica che influenzano non solo il funzionamento delle cellule ma anche la loro capacità di divisione e di crescita, nonché la loro vulnerabilità all’autoimmunità e all’infiammazione.

Interruzione della prima fase del rilascio di insulina 
Weir ha studiato a lungo un fenomeno che si verifica nel diabete di tipo 2, chiamato “prima fase del rilascio di insulina” e come questo si riduce con il progredire della malattia. L’insulina viene secreta in modo bifasico in risposta a un aumento della concentrazione ematica di glucosio. La prima fase consiste in un breve picco della durata di circa 10 minuti, seguito dalla seconda fase, più prolungata, che raggiunge il plateau nel giro di 2-3 ore.

Si pensa che la diminuzione del rilascio di insulina nella prima fase sia il primo difetto rilevabile della funzione delle cellule β negli individui destinati a sviluppare il diabete di tipo 2 e che questo difetto rifletta in gran parte l’esaurimento delle cellule β dopo anni di compensazione della precedente resistenza all’insulina.

Nelle persone sane con livelli glicemici normali, l’organismo risponde rapidamente all’innalzamento del glucosio tramite un forte picco di secrezione di insulina. «Se consideriamo invece persone con livelli di glucosio leggermente più elevati, superiori a 100 mg/dl, quindi non ancora definibili diabete, la prima fase del rilascio di insulina risulta compromessa» ha spiegato Weir. «E quando il glucosio supera i 115 mg/dl, la secrezione si arresta del tutto, quindi in pratica le cellule beta smettono di rispondere a questo stimolo acuto. Fortunatamente continuano a rispondere ad altri stimoli, in misura sufficiente da mantenere la glicemia in un intervallo da prediabete».

Cambiamenti nell’espressione genica
Nel corso di precedenti ricerche, il team guidato da Weir aveva studiato questo fenomeno nei ratti modificati chirurgicamente in modo che generassero livelli di ematici glucosio lievemente più elevati, scoprendo che le cellule beta rispondevano secernendo meno insulina.

Nelle ultime sperimentazioni è stato utilizzato lo stesso approccio, insieme al sequenziamento dell’RNA, grazie al quale sono stati identificati dei pattern di espressione genica nelle cellule beta, quattro o dieci settimane dopo l’intervento chirurgico. «Abbiamo trovato incredibili cambiamenti nell’espressione genica, tanto peggiori quanto maggiore è il livello di glucosio» ha affermato Weir.

Alcuni dei cambiamenti nell’espressione genica erano correlati alla crescita cellulare: le cellule beta sane possono rispondere all’aumento della glicemia replicandosi, mentre queste si erano arrestate in fase di divisione. Inoltre avevano mostrato numerose differenze nell’espressione dei geni coinvolti nell’infiammazione cellulare e nell’autoimmunità.

Nel diabete di tipo 1 i linfociti T aggrediscono le cellule beta, con conseguente innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue. Nei ratti con livelli di glucosio leggermente più elevati, le cellule beta hanno mostrato aumenti drammatici nell’espressione di alcuni geni chiave coinvolti nelle interazioni con le cellule T, un effetto che potrebbe renderle un bersaglio migliore per l’attacco autoimmunitario, accelerando così lo sviluppo della malattia.

Effetto tossico dei livelli di glucosio
La tossicità del glucosio potrebbe anche innescare l’interruzione della prima fase del rilascio di insulina, portando al diabete di tipo 2. Spesso gli immunologi attribuiscono questa minore secrezione di insulina all’infiammazione delle cellule beta, ma alcuni studi hanno dimostrato che meno della metà di queste cellule sembra essere in sofferenza a causa dell’infiammazione. «Quindi, in qualche modo, queste cellule senza evidenza di infiammazione smettono di secernere insulina in modo corretto», ha dichiarato Weir. «Riteniamo che il problema dipenda dai livelli più alti del glucosio».

Ulteriori evidenze del ruolo dei livelli glicemici più elevati nel diabete di tipo 2 derivano dai soggetti che si sottopongono a un intervento di bypass gastrico, che risultano guarite dal diabete e tornano ad avere livelli corretti di glucosio. «In queste persone torna alla normalità anche il rilascio di insulina nella prima fase, un risultato che si adatta perfettamente alla nostra ipotesi» ha concluso.

Davide Cavaleri

fonte: Pharmastar

Bibliografia

Ebrahimi AG et al. Beta cell identity changes with mild hyperglycemia: Implications for function, growth, and vulnerability. Mol Metab. 2020 Feb 14;35:100959.

 

fonte:

Pharmastar

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