Anziani con salute malferma assumono insulina più spesso dei coetanei in buona salute

I pazienti con diabete tipo 2 in cattiva salute hanno maggiori probabilità di continuare la terapia insulinica dopo i 75 anni rispetto ai coetanei in migliori condizioni.

I pazienti con diabete tipo 2 (DM2) in cattiva salute hanno maggiori probabilità di continuare la terapia insulinica dopo i 75 anni rispetto ai coetanei in migliori condizioni, almeno secondo uno studio su JAMA Internal Medicine. «Con l’avanzare dell’età del diabete di tipo 2, i rischi dell’uso di insulina possono superare i suoi benefici, creando la necessità di una maggiore istruzione del fornitore e del paziente» esordisce il coautore Richard Grant, ricercatore del Kaiser Pemanente di Oakland, in California, che insieme ai colleghi ha seguito una coorte di 21.531 soggetti con DM2 di età pari o superiore a 75 anni residenti nella California settentrionale. «Mentre le principali società scientifiche raccomandano di ridurre l’intensità del terapia antidiabetica nei più anziani, specie in presenza di multiple comorbidità, nella pratica clinica, invece, questi ammalati interrompono l’insulina meno spesso dei coetanei in discreta salute» scrivono gli autori, spiegando che quasi un quinto dei pazienti era in terapia insulinica all’inizio dello studio e, tra questi, circa un terzo ne ha interrotto l’uso nei successivi 4 anni. «Abbiamo raggruppato i pazienti in tre categorie di salute (scarsa, intermedia e buona) utilizzando le informazioni nella cartella clinica sul numero comorbidità, sullo stato funzionale e sulla eventuale presenza di malattie in stadio terminale» riprende il ricercatore. E dai dati raccolti emerge che il consumo di insulina era maggiore tra i più anziani in cattiva salute (29 per cento del totale), oppure con una malattia terminale o in condizioni intermedie (28 per cento). Al contrario, solo l’11 per cento dei diabetici in buona salute usava l’insulina. «Rivalutare la necessità di farmaci potenzialmente dannosi come l’insulina quando i rischi superano i benefici potrebbe aiutare a ridurre gli eventi avversi come l’ipoglicemia migliorando la qualità delle cure nei più anziani» scrivono gli autori. E Grant conclude: «E’ necessario che farmacisti, generalisti, geriatri, internisti e altri specialisti lavorino insieme per affrontare la polifarmacia, condizione in cui un anziano assume 5 o più farmaci per patologie multiple, riducendo o sospendendo le terapie che danno benefici ridotti o addirittura aumentano i rischi con l’avanzare dell’età».

JAMA Intern Med. Published online September 23, 2019. doi:10.1001/jamainternmed.2019.3759
https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/2751518

 

Fonte Doctor33

fonte:

Doctor33

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