Diabete di tipo 2, maggior rischio di insorgenza con l’uso di statine, soprattutto in caso di sovrappeso

Un nuovo studio mostra le evidenze di una connessione tra l’uso di statine e l’aumento del glucosio, l’insulino resistenza e il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, in particolare nei maschi in sovrappeso/obesi.

Un nuovo studio corrobora le evidenze di una connessione tra l’uso di statine e l’aumento del glucosio ematico, l’insulino resistenza e il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, in particolare nei maschi in sovrappeso/obesi. I risultati di un trial prospettico basato sulla popolazione sono stati pubblicati sul British Journal of Clinical Pharmacology.

All’inizio di quest’anno un gruppo di esperti sull’uso delle statine ha spinto per aumentarne la prescrizione negli ultra-75enni, sostenendo che riducono significativamente il rischio di eventi vascolari maggiori, indipendentemente dall’età. Tuttavia i loro effetti collaterali sono preoccupanti. Se da un lato gli eventi avversi di minore entità e reversibili includono stanchezza e dolori muscolari, quelli a lungo termine includono un aumento del rischio di diabete di tipo 2.

L’incidenza della malattia con l’uso di statine emersa dagli studi osservazionali, come quello attuale, è risultata molto più elevata rispetto agli studi randomizzati, il 44% contro il 9-13%, riferiscono l’autore principale Fariba Ahmadizar, dell’Erasmus University Medical Centre di Rotterdam, in Olanda, e colleghi.

Statine correlate allo sviluppo di diabete di tipo 2
Nel follow-up di quasi 10mila adulti di età superiore a 45 anni senza diabete al basale, chi faceva uso di statine sviluppava più alte concentrazioni di insulina a digiuno, più alti tassi di insulino-resistenza e aveva il 38% in più di probabilità di sviluppare diabete di tipo 2, con un rischio più significativo tra coloro che erano sovrappeso o obesi.

«Questo suggerisce che è necessario prendere in considerazione la diabetogenicità delle statine nella pratica clinica, attuando rigorose strategie preventive come il controllo del glucosio e la riduzione del peso quando si inizia la terapia, che potrebbero aiutare a ridurre il rischio di diabete», affermano gli autori.

Il cardiologo Robert Eckel della University of Colorado Hospital, ad Aurora, ha sottolineato che «è importante ricordare che anche se i pazienti trattati con statine sviluppano un tipo 2 diabete, rimane il beneficio cardiovascolare». Ha consigliato che i medici seguano le linee guida per il colesterolo dell’American College of Cardiology/American Heart Association del 2018.

Ma ha anche detto che, dal momento che in questo studio è emerso un rischio leggermente superiore a quello emerso negli studi osservazionali precedenti, «raccomanderei che l’HbA1c nell’intervallo dal 6,2% al 6,4% sia monitorata più da vicino nei pazienti in trattamento con statine».

Rischio più alto con iperglicemia
Questo trial longitudinale ha valutato 9535 soggetti senza diabete al basale che partecipavano al Rotterdam Study, uno studio prospettico basato sulla popolazione nel periodo 1997-2012. I partecipanti avevano un’età media di 64 anni al basale, il 58% erano donne e il 64,5% erano in sovrappeso o obesi.

Nei 4 anni di durata mediana del follow-up, un totale di 968 (10%) soggetti ha assunto statine, tra cui la simvastatina (57%), atorvastatina (25,5%) e pravastatina (10,3%) e in totale il 7,5% (716) dei partecipanti ha sviluppato il diabete di tipo 2.

In un’analisi iniziale trasversale aggiustata per età, sesso, coorte (per periodo), abitudine al fumo, consumo di alcol, attività fisica, istruzione, indice di massa corporea (BMI) e ipertensione, l’uso di statine al basale era significativamente associato sia alle concentrazioni di insulina a digiuno che all’HOMA-IR (Homeostatic Model Assessment for Insulin Resistance), risultando più evidente nei soggetti con un’alterata omeostasi del glucosio.

Non è stata rilevata nessuna influenza del tipo di statina o della dose impiegata. In un’analisi di follow-up longitudinale, l’uso costante di statine era significativamente associato allo sviluppo del diabete di tipo 2, anche se un uso più prolungato aumentava il rischio. In ogni caso, per via delle diverse azioni delle specifiche molecole di statine sulla resistenza all’insulina e sui profili di rischio metabolico, gli autori ritengono che siano necessari ulteriori studi di approfondimento.

Rischio più alto con sovrappeso/obesità
Le analisi di sensibilità stratificate per il BMI al basale hanno evidenziato che l’associazione tra statine e diabete di tipo 2 risultava significativa solo tra i soggetti in sovrappeso/obesi ma non tra quelli con BMI normale. Inoltre dopo stratificazione per genere al basale, i risultati erano significativi solo nei soggetti di sesso maschile.

«Considerati i timori che valori di BMI sopra la norma e dislipidemia siano entrambi associati all’insorgenza del diabete di tipo 2, è importante concentrarsi su una prevenzione più efficace negli individui ad alto rischio che assumono questo farmaco», scrivono gli autori. «Questo potrebbe anche aiutare a migliorare il loro profilo lipidico e quindi a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari».

«In sintesi, utilizzando più sottogruppi e analisi di sensibilità, abbiamo trovato un’associazione significativa tra l’uso di statine e il diabete di tipo 2. La nostra analisi evidenzia anche il maggior effetto delle statine in presenza di iperglicemia e sovrappeso/obesità» concludono. «Questo suggerisce che è necessario prendere in considerazione la diabetogenicità di questi farmaci nella pratica clinica, sottolineando l’importanza di adottare concomitanti misure dietetiche adeguate ed esercizio fisico».

Davide Cavaleri

Fonte: Pharmastar

Bibliografia

Ahmadizar F et al. Associations of statin use with glycaemic traits and incident type 2 diabetes. Br J Clin Pharmacol. 2019 Mar 5

fonte:

PHARMASTAR

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