Diabete, il rischio di neuropatia autonomica cardiovascolare si riduce con interventi intensivi mirati

E’ probabile che il controllo intensivo della glicemia e della pressione sanguigna riduca il rischio di sviluppare la neuropatia autonomica cardiovascolare.

Interventi intensivi mirati a diminuire i livelli di glucosio nel sangue e la pressione sanguigna nel diabete di tipo 2 riducono il rischio di sviluppare la neuropatia autonomica cardiovascolare (Can), una complicanza del diabete pericolosa per la sopravvivenza, secondo uno studio pubblicato su Diabetes Care da un gruppo diretto da Alessandro Doria, del Joslin Diabetes Center e della Harvard Medical School, e Rodica Pop Busui, della University of Michigan.

I ricercatori hanno studiato per un periodo medio di cinque anni circa 7.000 persone per valutare gli effetti sulla Can del trattamento intensivo del glucosio, del trattamento intensivo della pressione sanguigna e del fenofibrato, un agente ipolipemizzante, rispetto ai trattamenti standard. Ebbene, gli esperti hanno scoperto che il trattamento intensivo per ridurre l’HbA1c a livelli quasi normali ha comportato un rischio ridotto del 17% per Can rispetto al trattamento standard, dopo aver aggiustato il modello per vari fattori confondenti, inclusi tutti i tradizionali fattori di rischio per Can e malattie cardiovascolari. Il trattamento intensivo della pressione sanguigna elevata ha comportato invece una riduzione del 22% del rischio di Can rispetto agli approcci di trattamento standard. Il trattamento con fenofibrato e una statina non ha mostrato invece una differenza significativa rispetto a quello con placebo e una statina. Ulteriori analisi basate su sottogruppi hanno mostrato che gli effetti protettivi del trattamento intensivo della glicemia sul rischio di Can si sono verificati solo in individui senza una storia di eventi di malattie cardiovascolari. Gli interventi sulla pressione sanguigna sono stati particolarmente efficaci negli anziani di età superiore ai 65 anni, in cui il rischio di Can è stato ridotto del 34%; in questo caso, il controllo glicemico intensivo applicato in aggiunta al controllo intensivo della pressione sanguigna non sembra ridurre ulteriormente il rischio di Can. Gli autori suggeriscono che queste osservazioni puntano verso la possibile personalizzazione delle strategie di riduzione del rischio, ma che saranno necessarie ulteriori ricerche per confermare l’utilità di tali approcci. «Pensiamo che sia probabile che il controllo intensivo della glicemia e della pressione sanguigna avvantaggino i pazienti in termini di riduzione del rischio di Can, ma sollecitiamo cautela rispetto ai rischi e ai costi» concludono i ricercatori.

Diabetes Care 2020. Doi: 10.2337/dc20-1842
https://doi.org/10.2337/dc20-1842

fonte: Doctor33

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Doctor33

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