Farmaci contro l’acidità associati al rischio di diabete

Secondo uno studio, un uso regolare di inibitori della pompa protonica è associato ad un rischio elevato di sviluppare il diabete di tipo 2

Secondo uno studio pubblicato su Gut, un uso regolare di inibitori della pompa protonica (Ipp), tra i 10 farmaci più utilizzati al mondo, è associato a un rischio elevato di sviluppare il diabete di tipo 2. Non solo: più a lungo si assumono tali farmaci più il rischio cresce. «A causa dell’ampio utilizzo, il numero globale di casi di diabete associati all’uso di Ipp potrebbe essere notevole» affermano Jinqiu Yuan, della Sun Yat-Sen University in Cina, e colleghi.

I ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 200.000 individui tra i 25 e i 75 anni, la maggior parte donne, che avevamo preso parte al Nurses’ Health Study, al Nurses’ Health Study II e al Health Professionals Follow-up Study. È stato osservato che in un periodo di circa 9-12 anni, un totale di 10.105 persone ha sviluppato il diabete e che il rischio assoluto annuo degli utilizzatori di IPP di avere tale diagnosi era pari a 7,44/1.000, mentre quello dei non utilizzatori era di 4,32/1.000. Il rischio maggiore persisteva (probabilità più alta del 24%) anche dopo aver tenuto conto di diversi fattori, tra cui una pressione arteriosa alta, l’uso di altri farmaci o il colesterolo. Inoltre, utilizzare i farmaci per 2 anni si associava a un aumento di rischio del 5%, mentre un uso più prolungato a un aumento del 26%. Il rischio diminuiva quando aumentava il tempo trascorso dall’interruzione dei farmaci. Ancora, tra gli utilizzatori di Ipp, il rischio sembrava più alto tra quelli non in sovrappeso o con una pressione sanguigna normale, mentre il sesso, l’età, una storia familiare di diabete, il fumo, il consumo di alcol, la dieta, l’attività fisica, alti livelli di colesterolo e l’uso di antiinfiammatori non sembravano influenzare il rischio di diabete. I ricercatori hanno anche scoperto che l’uso regolare di un altro tipo di farmaci per l’acidità di stomaco, i bloccanti H2, si associava a un aumento di rischio di diabete del 14%. Anche in questo caso, un uso più prolungato si associava a un aumento del rischio e un tempo più lungo dall’interruzione a un rischio minore.
È possibile, come viene suggerito in letteratura, che cambiamenti del microbioma possano spiegare l’associazione tra gli Ipp e il rischio di diabete. Bisogna però notare che lo studio è osservazionale. In ogni caso, per gli autori, i medici dovrebbero valutare pro e contro prima di prescriverli. «Per i pazienti che hanno ricevuto un trattamento con Ipp a lungo termine, si raccomanda lo screening per valori anomali di glicemia e per il diabete di tipo 2».

Gut 2020. Doi: 10.1136/gutjnl-2020-322557
http://dx.doi.org/10.1136/gutjnl-2020-322557

fonte: Doctor33

 

fonte:

Doctor33

Iscriviti alla Newsletter

Non perdere nessuna notizia, riceverai tutti gli aggiornamenti nella tua casella

Condividi con un amico