Diabete, l’integrazione con vitamina D nelle persone con prediabete potrebbe ridurre l’incidenza. Ecco come

Una maggiore assunzione di vitamina D si associa a una probabilità ridotta del 15% di sviluppare il diabete di tipo 2 negli adulti con prediabete.

Secondo quanto emerso da una revisione della letteratura pubblicata su Annals of Internal Medicine, una maggiore assunzione di vitamina D si associa a una probabilità ridotta del 15% di sviluppare il diabete di tipo 2 negli adulti con prediabete.

«Studi osservazionali hanno mostrato un’associazione tra basso livello di vitamina D nel sangue e alto rischio di sviluppare il diabete. Noi abbiamo cercato di capire se alti livelli di integrazione potessero evitare di sviluppare la malattia» spiega Anastassios Pittas, del Tufts Medical Center di Boston (Stati Uniti), primo autore del lavoro. I ricercatori hanno condotto una revisione sistematica e una metanalisi di tre studi clinici che hanno confrontato l’impatto sul rischio di diabete dell’assunzione di colecalciferolo 20.000 UI (500 mcg) a settimana, colecalciferolo 4000 UI (100 mcg) al giorno o eldecalcitol 0,75 mcg al giorno, con quello di un placebo.

Ebbene, in un periodo di follow-up di tre anni, un diabete di nuova insorgenza si è manifestato nel 22,7% degli adulti che avevano ricevuto vitamina D e nel 25% di quelli che avevano ricevuto un placebo, il che rappresenta una riduzione relativa del rischio del 15%. Secondo gli autori, l’estrapolazione delle loro scoperte agli oltre 374 milioni di adulti in tutto il mondo che soffrono di prediabete suggerisce che un’integrazione di vitamina D poco costosa potrebbe ritardare lo sviluppo del diabete in oltre 10 milioni di persone. In un editoriale di accompagnamento, Malachi McKenna dell’University College di Dublino, e Mary Flynn, della Food Safety Authority of Ireland di Dublino e della Ulster University di Coleraine (Regno Unito), sottolineano che, nonostante questi risultati, bisogna tenere presente che studi precedenti hanno dimostrato effetti avversi significativi per l’assunzione di vitamina D a livelli elevati.

Gli editorialisti sostengono che le società professionali che promuovono la terapia con vitamina D hanno l’obbligo di avvertire i medici sia sulle dosi di vitamina D richiesta sia sui limiti di sicurezza. «Questa terapia con vitamina D potrebbe sì prevenire il diabete di tipo 2 in alcuni pazienti, ma potrebbe anche causare danni» concludono gli esperti.

Annals of Internal Medicine 2023. Doi: 10.7326/M22-3018
https://doi.org/10.7326/M22-3018

Annals of Internal Medicine 2023. Doi: 10.7326/M23-0220
https://doi.org/10.7326/M23-0220

fonte: Doctor33

 

 

fonte:

Doctor33

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