Quali sono i legami tra durata del sonno, obesità e diabete mellito tipo 2?

E’ possibile un’ associazione fra durata del sonno e rischio di obesità, sia nei bambini che negli adulti.

La prevalenza di obesità e diabete mellito di tipo 2 (DM2) è in costante aumento a livello globale, parallelamente all’incremento della prevalenza di carenza di sonno, che sta caratterizzando sempre di più lo stile di vita moderno, in tutte le fasce d’età. «La durata media del sonno notturno, infatti» ricorda Carla Micaela Cuttica, della Commissione Obesità e Metabolismo AME (Associazione Medici Endocrinologi) coordinata da Marco Chianelli «è calata da 8-9 h/notte negli anni ’60, a 7 h/notte negli anni ’90, con durata < 7 h/notte in un terzo degli adulti negli USA, con conseguenti effetti negativi sulla salute, inclusa una maggior frequenza di malattie cardio-vascolari e aumentata mortalità». (Van Cauter E, Knutson KL. Eur J Endocrinol 2008; AAAS. 14 March 2014; CDC. September 12, 2022; Itani O, et al. Sleep Med 2017; Zhou Q, et al. Sleep Breath 2019).

È stata di recente pubblicata una revisione della letteratura sui legami fra durata del sonno, obesità e DM2, in cui gli autori analizzano anche i potenziali meccanismi di associazione. «Numerose metanalisi hanno analizzato la possibile associazione fra durata del sonno e rischio di obesità, sia nei bambini che negli adulti» riporta Cuttica. «In tutte, la numerosità del campione considerato era ampia (da 15 000 a 200 000 soggetti), con follow-up da 0.5 a 34 anni. La durata del sonno è risultata associata ad aumentato rischio di obesità: minori sono le ore di sonno e maggiore è il rischio di obesità, con rischio relativo (RR) di 1.09 (IC 95% 1.05-1.14) per ogni riduzione di un’ora rispetto alle 7-8 h/notte. Inoltre, un piccolo studio, basato sulla coorte del Quebec Family Study, ha considerato 43 pazienti con l’abitudine di dormire ≤ 6 h/notte: un gruppo è stato avviato a dormire 7-8 h/notte e l’altro ha continuato con il solito stile di vita. Questi pazienti sono stati quindi confrontati con un gruppo di controllo (n = 173). Dopo 6 anni di follow-up, il gruppo di pazienti che ha continuato a dormire poco ha fatto registrare un maggiore aumento di BMI, massa grassa e circonferenza vita rispetto a entrambi i gruppi che dormivano 7-8 h/notte. Infine, durante un regime dietetico di restrizione calorica la carenza di sonno si associava a minor calo nella massa grassa e si rivelava inversamente associata al BMI nel follow-up a distanza dopo chirurgia bariatrica».

«Numerosi studi osservazionali hanno evidenziato una relazione a U tra durata del sonno e rischio di DM2 e diabete gestazionale, con incremento del rischio in chi dorme poco (5-6 h/notte) e in chi dorme > 7-8 h/notte» aggiunge Cuttica. «Nei pazienti con DM2 sia la riduzione che l’aumento della durata del sonno sono associate a retinopatia diabetica, albuminuria, peggior controllo glicemico e maggiori livelli di HbA1c».

Un numero limitato di studi di piccole dimensioni e breve durata ha esaminato l’impatto del sonno sul peso o sull’adiposità in soggetti non obesi, aggiunge la specialista. «Una recente revisione sistematica ha riassunto i risultati di 7 studi sull’impatto dell’estensione del sonno sui fattori di rischio cardio-metabolico, non evidenziando modifiche significative di tale intervento sui parametri antropometrici» (Henst RHP, et al. J Sleep Res 2019). «Strategie di comportamento non farmacologiche (per es. estensione o restrizione delle ore di sonno, igiene del sonno con regolare ritmo sonno-veglia, abbandono di comportamenti che disturbano il sonno, etc.) volte a migliorare la durata del sonno (7- 9h/notte) hanno mostrato dati discordanti. Per quanto riguarda gli individui normopeso, alcuni studi, che però avevano il limite di un breve follow-up, non hanno evidenziato alcun effetto, mentre altri hanno evidenziato una riduzione nell’assunzione di zuccheri semplici, grassi, carboidrati, con parallelo aumento nell’introito di proteine».

Gli studi di intervento di estensione del sonno in soggetti sovrappeso od obesi – prosegue Cuttica – suggeriscono effetti positivi sul calo ponderale e sull’adiposità, nonché sulla riduzione del desiderio di zuccheri e sale, con incremento del consumo di frutta e verdura. Infine, ricorda, pochissimi studi hanno analizzato l’impatto delle ore di sonno sul DM2. I dati sembrano suggerire come un miglioramento del sonno sia in grado di avere un effetto positivo sull’insulino-resistenza.

Quali sono i potenziali meccanismi che legano la durata del sonno a obesità e DM2? «Una ridotta durata del sonno» risponde Cuttica «a) sembra avere un impatto sull’introito calorico più che sul dispendio energetico e si associa ad attivazione delle aree cerebrali coinvolte nei meccanismi di ricompensa, portando a selezionare cibi che possono favorire l’aumento del peso (dolci, cibi con maggior indice glicemico, carboidrati, grassi); b) produce un aumento dei livelli di endocannabinoidi, a loro volta coinvolti nel comportamento edonico sul cibo, conducendo a eccessivo introito, bilancio energetico positivo e incremento di peso. Inoltre, alcune evidenze indicano come l’attivazione del sistema dei cannabinoidi possa condurre a disfunzione delle β-cellule, e quindi a DM2; c) si associa a maggiori livelli di ghrelina, con aumento del rapporto ghrelina/leptina; d) si associa a ridotti livelli di GLP-1 nelle donne; e) altera il ritmo del cortisolo, con conseguenti effetti sul metabolismo glucidico-insulinico e aumentato rischio di obesità; f) si associa ad aumento degli indici di infiammazione (citochine, IL-6, TNF, PCR, …) e a riduzione del livello degli anti-ossidanti (carotenoidi, vitamine C, D, E, …); g) in donne turniste si associa a minori livelli di testosterone, mentre per ogni ora in più nella durata del sonno diurno, le concentrazioni medie di estradiolo aumentano del 3.9% e quelle di progesterone in fase luteale del 9.4%; h) negli uomini (ma non nelle donne), si associa a ridotta sensibilità insulinica, non compensata da aumento dei livelli di insulina, suggerendo un difetto funzionale ß-cellulare, con aumento del rischio di sviluppare DM2; i) si associa ad aumento del tono simpatico, a sua volta in grado di ridurre la risposta ß-cellulare al glucosio e la sensibilità insulinica; l) si associa ad altri cambiamenti ormonali in grado di indurre insulino-resistenza, come prolungata secrezione notturna di GH, precoce picco mattutino di noradrenalina e adrenalina e attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene; m) si associa ad aumentati livelli di acidi grassi liberi con conseguente incremento del rischio di insulino-resistenza e di iperglicemia da aumento della gluconeogenesi».

«Sono ancora da comprendere pienamente i legami fra durata del sonno, obesità e DM2, così come l’impatto della manipolazione del sonno sulla prevenzione dell’obesità e del DM2» commenta la specialista. «La durata del sonno appare un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di obesità e DM2 e il miglioramento della durata del sonno pare agire favorevolmente sul peso, ma non pare produrre impatti benefici sul rischio di DM2. I principali limiti degli studi analizzati sono la durata del follow-up, l’eterogeneità di età nella popolazione studiata, l’eterogeneità nella misurazione della durata del sonno (auto-riportata, polisonnografia, actigrafia), le diverse misure antropometriche adottate per definire l’obesità (BMI, circonferenza vita), la periodicità nei controlli. Sono quindi necessari studi clinici randomizzati e di lungo termine che permettano di comprendere meglio le dinamiche fra sonno, obesità e DM2, al fine di migliorare le strategie di prevenzione e trattamento» conclude Cuttica.

J Endocrinol 2021, 252: 125-41. doi: 10.1530/JOE-21-0155.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34779405/

Fonte: Doctor33

fonte:

Doctor33

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