Per la prima volta nella storia delle terapie per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 1 si affaccia sulla scena un farmaco in grado di ritardarne l’insorgenza dai 3 ai 5 anni. Il teplizumab, anticorpo monoclonale somministrabile per via endovenosa al cui sviluppo ha contribuito la ricerca italiana, è stato approvato a novembre dalla statunitense Fda, aprendo la strada al suo utilizzo anche in Europa dove al momento è in fase di revisione da parte delle autorità di regolamentazione dei farmaci nel Regno Unito e nell’Ue. La sfida, come è emerso nella seconda giornata di ‘Panorama Diabete’ in corso al Palazzo dei congressi di Riccione, è quella della previsione dei soggetti ai quali somministrare il farmaco, che va utilizzato prima dell’insorgenza della malattia.
Se le persone con diabete di tipo 1 in Italia sono circa 180mila – si legge in una nota – il costo umano è elevato poiché sono colpite da una patologia che toglie dai 10 ai 15 anni all’aspettativa di vita. Inoltre, il trattamento delle persone con diabete di tipo 1 è molto oneroso per il sistema sanitario nazionale, con una terapia insulinica a vita, una tecnologia di monitoraggio impegnativa e la necessità di un’assistenza medica specialistica; infine, il diabete di tipo 1 è in crescita annua del 2-3% e durante la pandemia, per cause ignote, è aumentato ancor di più.
“Dopo circa 30 anni di studi e relativi trial clinici finalizzati alla prevenzione dell’insorgenza clinica del diabete tipo 1 nei soggetti a rischio – dichiara Raffaella Buzzetti, presidente eletto della Società italiana diabetologia (Sid) – l’approvazione negli Stati Uniti di un farmaco capace di dilazionare di circa 2 anni l’insorgenza della malattia apre nuovi scenari. Al di là dell’efficacia di questa molecola che necessita di ulteriori studi a lungo termine, questa approvazione offre nuova linfa ed entusiasmo, dopo anni di attesa, nella ricerca di base e nell’implementazione di studi clinici per prevenire o addirittura curare il diabete tipo 1”.
“È un momento particolare – spiega il presidente del Comitato scientifico Sid, Lorenzo Piemonti, professore di endocrinologia e direttore del Diabetes Research Institute dell’Irccs ospedale San Raffaele – perché per la prima volta abbiamo la possibilità di immaginare di intervenire in una fase precoce del diabete di tipo 1, prima che compaia la malattia clinica, grazie a dei sistemi di predizione molto opportuni. Si apre così una nuova era, sia dal punto di vista scientifico che di quello della sanità pubblica, poiché possono essere attuate strategie per ridurre il carico della malattia all’interno della popolazione. Si tratta di una delle novità più importanti nel campo della diabetologia per il diabete di tipo 1 in cui il nostro Paese ha giocato un ruolo importante, contribuendo a costruire questa prospettiva con la propria ricerca scientifica. È importante che ciò avvenga proprio mentre in Parlamento è in discussione l’approvazione di una legge che introduce per la prima volta al mondo lo screening di popolazione per il diabete di tipo 1: un primato che porrebbe l’Italia all’avanguardia nella predizione e prevenzione di questa malattia”.
fonte: Doctor33