Diabete, la terapia migliore potrebbe non essere ‘a gradini’

La terapia migliore per il diabete potrebbe non dover prevedere necessariamente un approccio 'a gradini', ovvero iniziare con un solo farmaco e aggiungere, man mano che la malattia peggiora, altre molecole.

Più efficace iniziare subito con la combinazione di due farmaci

La terapia migliore per il diabete potrebbe non dover prevedere necessariamente un approccio ‘a gradini’, ovvero iniziare con un solo farmaco e aggiungere, man mano che la malattia peggiora, altre molecole. Uno studio internazionale pubblicato su Lancet ha dimostrato, infatti, che iniziare direttamente con una terapia combinata di due farmaci comporta un controllo migliore e più prolungato del livello degli zuccheri nel sangue. Pertanto, potrebbe portare, nel 2020, a una revisione delle linee guida di trattamento del diabete di tipo 2.

Le attuali raccomandazioni cliniche suggeriscono di adottare una terapia ‘a gradini’ che inizi con la metformina, per poi aggiungere in sequenza altre molecole, una volta assodato il fallimento terapeutico. Il nuovo studio clinico multicentrico VERIFY, presentato a Barcellona al Congresso Easd (European association for the study of diabetes), ha arruolato 2000 pazienti con diabete neo-diagnosticato e lieve iperglicemia, suddivisi in due gruppi: uno gruppo trattato con la terapia combinata di metformina e un inibitore di DPP4 (vildagliptin) e l’altro con la sola metformina e placebo. Dai controlli a distanza si è visto che adottare da subito una terapia di combinazione comporta un 49% di probabilità in più di mantenere un buon controllo della glicemia, senza particolari effetti collaterali.

“Iniziare subito il trattamento del diabete con una terapia di associazione – commenta Stefano Del Prato, ordinario di Endocrinologia all’Università di Pisa e presidente della European foundation for the study of diabetes (Efsd) – permette ai pazienti di raggiungere gli obiettivi glicemici prima, meglio e di mantenerli più a lungo. Significa anche facilitare la gestione della malattia e, di conseguenza, può aiutare a ridurre il rischio di complicanze, incluse quelle cardiovascolari”.

 

Fonte: ANSA

fonte:

ANSA

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