Trapianto isole pancreatiche, la terapia si conferma efficace. I risultati di uno studio a lungo termine

Il trapianto di isole così com'è oggi non è adatto a tutti: bisogna ridurre al minimo o eliminare i farmaci anti-rigetto.

Un articolo pubblicato su Lancet Diabetes & Endocrinology presenta i risultati a lungo termine di uno studio sul trapianto delle isole pancreatiche in pazienti affetti da diabete di tipo 1 condotto dalla University of Alberta, in Canada.

Si è trattato del più grande programma su questo trapianto, sebbene oggi tale pratica venga effettuata in altre zone del Canada, ma anche in altri paesi, quali Svizzera, Francia, Australia e Regno Unito.«Abbiamo mostrato molto chiaramente che il trapianto delle isole è una terapia efficace per i pazienti con diabete di tipo 1 difficile da controllare» ha dichiarato James Shapiro, ultimo firmatario dello studio, il quale spera che i risultati ottenuti possano generare fiducia nella procedura anche in quei luoghi, come gli Stati Uniti, dove al momento è disponibile solo su base sperimentale. Nello studio 255 pazienti adulti sono stati sottoposti, tra il 1999 e il 2019, a trapianto delle isole allogenico, mediante infusione nella vena porta. Il 90% dei pazienti è sopravvissuto per un follow-up mediano di 7,4 anni e la sopravvivenza mediana del trapianto è stata di 5,9 anni. Si è osservato che il 79% (201) dei pazienti era indipendente dall’insulina, generalmente dopo due o più infusioni e in un tempo mediano di 95 giorni. Lo studio mostra stime di indipendenza dall’insulina pari a 61% a 1 anno, 32% a 5 anni, 20% a 10 anni, 11% a 15 anni e 8% a 20 anni. Molti pazienti hanno ripreso a fare le iniezioni di insulina, ma il controllo del diabete era migliore in caso di mantenimento del trapianto. «Essere completamente liberi dall’insulina non è l’obiettivo principale» ha affermato Shapiro. L’obiettivo più grande per il paziente è quello di riuscire a stabilizzarsi. È emerso come l’uso dei farmaci (anakinra più etanercept) e un punteggio BETA-2 di almeno 15 nell’anno dopo il trapianto si associavano a una sopravvivenza prolungata. Inoltre, nei pazienti con sopravvivenza prolungata dal trapianto, rispetto ai partecipanti con sopravvivenza non sostenuta, l’incidenza di complicanze procedurali era inferiore mentre quella di cancro era maggiore. Non c’era invece differenza tra i gruppi in merito a malattia renale allo stadio terminale e infezioni gravi.

«Il trapianto di isole così com’è oggi non è adatto a tutti, ma suggerisce molto chiaramente che se riusciamo a risolvere il problema dell’approvvigionamento e ridurre al minimo o eliminare i farmaci anti-rigetto, saremo in grado di portare avanti questo trattamento e renderlo in futuro molto più disponibile per bambini e adulti con diabete di tipo 1 e 2» ha detto Shapiro.

fonte: Doctor33

Il trapianto di isole così com’è oggi non è adatto a tutti: bisogna ridurre al minimo o eliminare i farmaci anti-rigetto.

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Doctor33

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